21.5.08

Lamento di Portnoy

Ovvero Dell’Estraneità.
La storia di un uomo e della sua esistenza estranea.
Alla propria famiglia, ad un padre grigio ed una madre-amante segreta e dominatrice. Alla propria generazione, i cui valori tipicamente americani (il successo, la forza, la bellezza) vengono rifiutati e segretamente rincorsi fin dall’adolescenza. Alla nazione e alla sua vita sociale, che minaccia di escluderlo continuamente dal proprio ingranaggio perverso. Alle donne, rigorosamente altre da lui, diverse come razza, intelligenza, lignaggio, obiettivi, rincorse solo con la violenza della libidine, temute solo con quella dell’impotenza. Dal proprio corpo, la cui immagine pubblica è racchiusa nella mostruosità dei lineamenti razziali, quella privata nel marchio della circoncisione.
Infine, come in una crocifissione eternamente rinnovantesi, estraneità dal proprio mondo ideale, quello di un luogo in cui tutti sono estranei, in cui la vergogna della propria condizione scompare nell’orgoglio della propria patria, in cui le donne non sono più sottomesse ma finalmente dominano dall’alto della loro vita di confine.
L’urlo liberatorio di una pazzia, in fondo ricercata per tutta la vita, a chiudere la circonferenza di un destino forse inevitabile.

Da maneggiare con pazienza.