6.11.06


Until

In effetti un blogger ha vita breve.
Ma a ben guardare neanche chi ci si nasconde dentro campa poi molto; almeno non quanto vorrebbe o sarebbe forse giusto.
Per quel che mi riguarda, le due vite son diverse, a volte anche radicalmente, ma viaggian parallele, intersecando le loro eliche sulla cartina della mia mente.
Mi piace pensarle come due segmenti sovrapposti, uno solo nato un po’ prima dell’altro, ma destinati a percorrere la stessa strada, fino in fondo. Questo, almeno in linea di principio, nessuno può vietarlo.
Certo, all’inizio anche qui tutto era rose e fiori, c’erano le feste a casa dell’uno o dell’altra, il lavoro d’ufficio appagava, anche se gli orari erano pazzeschi. E poi il Capo pagava bene, altro che mettersi in proprio.
Poi si diventa grandi, forse un po’ più disincantati, e le cose da dire diventano difficili da estrarre da una pelle indurita dalle delusioni. Però anche se il tempo continua a scorrere, la libertà non è soggetta ad orari; le tracce lasciate sono lì a testimoniare un passaggio, quelle che lasceremo domani ne completeranno il disegno, che alla fine sarà parte di quello che la gente guarderà di noi, come un muro eretto con le nostre mani sopra il quale chiunque troverà scritto il nostro nome.
Il nome è solo un nome, e in fondo vale meno di zero.
“Epimenide” vale “pinzimonio”, “astrolabio”, “rimbrotto”, forse anche “vuoto a perdere”.
Ma Epimenide è figlio mio, è l’albero che ho piantato, quello dove mi si potrà riconoscere domani, forse anche dopodomani.
Luì è parte di me, non tutto.
Io sono parte di lui, non tutto.
Viviamo semplicemente sovrapposti, ognuno proporzionale all’altro.
E chi legge lui, conosce un piccolo angolo di me.
Suo padre, per omnia saecula saeculorum.

(Per FF)